L’anatocismo è vietato per contratti di conto corrente stipulati prima del 22 aprile del 2000. Lo ha stabilito il Tribunale di Treviso con una sentenza emanata il 30 giugno scorso, che sancisce la nullità delle pratiche di anatocismo bancario trimestrale su estratto conto. In particolare, in un caso del genere si configurerebbe una violazione dell’articolo […]
L’anatocismo è vietato per contratti di conto corrente stipulati prima del 22 aprile del 2000. Lo ha stabilito il Tribunale di Treviso con una sentenza emanata il 30 giugno scorso, che sancisce la nullità delle pratiche di anatocismo bancario trimestrale su estratto conto. In particolare, in un caso del genere si configurerebbe una violazione dell’articolo 1283 del Codice Civile, secondo il quale in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi. Gli interessi calcolati in violazione di questa normativa (e dunque indebitamente) devono essere restituiti al correntista che lo richiede attraverso un ricorso. Questo perché l’istituto bancario non deve operare alcuna capitalizzazione, nel momento in cui si calcolano gli interessi a carico del correntista.
La stessa sentenza sancisce anche che risultano altrettanto illegittimi gli addebiti a titolo di commissione di massimo scoperto, a meno che questi non siano stati precedentemente pattuiti in maniera specifica ed esplicita tra il cliente e la banca. In merito alle commissioni di massimo scoperto, c’è da aggiungere che queste vanno tenute in conto nel momento in cui si deve valutare se un determinato TEG di interesse risulta usurario o meno, quando praticate sui finanziamenti per i quali l’uso del credito avviene in maniera variabile. Si tratta, in definitiva, di una sentenza che sancisce diversi principi di condanna verso due delle pratiche irregolari più gravi messe in atto dalle banche nei confronti dei correntisti.