Un’importante sentenza della Corte d’Appello de l’Aquila del 2 agosto fissa nuovi paletti a tutela delle vittime dell’anatocismo bancario. La sentenza stabilisce che quando cliente e banca non abbiano pattuito in maniera corretta ed espressa l’applicazione di interessi ultralegali, ovvero superiori rispetto a quelli previsti dalla legge, alla banca non sono dovuti né gli interessi […]
Un’importante sentenza della Corte d’Appello de l’Aquila del 2 agosto fissa nuovi paletti a tutela delle vittime dell’anatocismo bancario. La sentenza stabilisce che quando cliente e banca non abbiano pattuito in maniera corretta ed espressa l’applicazione di interessi ultralegali, ovvero superiori rispetto a quelli previsti dalla legge, alla banca non sono dovuti né gli interessi anatocistici con capitalizzazione trimestrale, né gli interessi con rinvio al cosiddetto “uso piazza”. I primi sono interessi maturati, quindi già scaduti, che ogni tre mesi vengono sommati al capitale residuo da restituire, producendo a loro volta degli interessi. I secondi, invece, sono interessi determinati sulla base di condizioni esterne al contratto, praticate usualmente dagli altri istituti di credito, appunto, “sulla piazza”. Allo stesso modo, non sono dovute se non espressamente pattuite, le commissioni di massimo scoperto, ovvero la controprestazione dovuta dal cliente, calcolata a un tasso convenuto, per la copertura che la banca offre al cliente in caso di scoperto. La sentenza ribadisce inoltre che la commissione di massimo scoperto incide sul computo del TEG, ovvero il tasso effettivo globale che indica il costo effettivo dell’operazione e comprende, oltre al tasso di interesse nominale, tutte le spese obbligatorie previste. Il superamento del TEG pattuito con la banca configura un illecito, la pubblicità ingannevole.