Nuovo esposto contro gli ex vertici di Banca Etruria. Le associazioni “Amici di Banca Etruria” e “Vittime del Salva-Banche” hanno evidenziato un «ipotetico dolo nella modalità di emissione di obbligazioni subordinate Banca Etruria del 2013, finalizzato a vendere in maniera capillare tali rischiosi prodotti finanziari ai piccoli risparmiatori». Per il procuratore Rossi questo esposto darà «ulteriore […]
Nuovo esposto contro gli ex vertici di Banca Etruria. Le associazioni “Amici di Banca Etruria” e “Vittime del Salva-Banche” hanno evidenziato un «ipotetico dolo nella modalità di emissione di obbligazioni subordinate Banca Etruria del 2013, finalizzato a vendere in maniera capillare tali rischiosi prodotti finanziari ai piccoli risparmiatori». Per il procuratore Rossi questo esposto darà «ulteriore forza all’indagine già aperta dalla Procura di Arezzo su questo filone e che è tuttora in corso».
Nel documento redatto dalle due associazioni vengono segnalate anomalie nelle emissioni delle obbligazioni subordinate di tre anni fa: «Nel 2013 – si può leggere nel documento – il Cda della vecchia Banca Etruria decide di emettere e collocare in maniera granulare presso i propri correntisti un importo di obbligazioni subordinate pari a 110 milioni; cifra anomala per una banca di piccole dimensioni».
Tante le anomalie riscontrate. La prima «è che i tassi di interesse nel collocamento delle due obbligazioni subordinate non sono assolutamente commisurati al rischio. Il rendimento di tali obbligazioni subordinate era infatti addirittura inferiore a quello di un titolo di Stato. Di conseguenza è mancata la percezione del rischio da parte dei risparmiatori. L’altra evidente anomalia – si può leggere ancora nel comunicato diffuso dalle associazioni – riguarda la valorizzazione di queste due emissioni nel bilancio della stessa banca. Nello specifico, la subordinata con scadenza 2018 a fronte di un valore a bilancio pari al 85% del nominale e la subordinata con la scadenza 2023 con un valore a bilancio pari a 77% del nominale, venivano vendute e rendicontate trimestralmente ai risparmiatori al valore del 100% o anche leggermente superiori. In sostanza – concludono le associazioni – appare evidente la volontà di vendere quanto più, in maniera capillare, prodotti estremamente rischiosi facendoli passare per investimenti sicuri. Questo infatti, vista la pessima situazione economica dell’Istituto, era l’unico modo di collocare tali obbligazioni e mantenere così il controllo della banca, senza essere commissariati per deficit di capitale di vigilanza».