Fuga di cervelli, neurologi in pole position per ‘scappare’ dall’Italia. Pietrafusa (neurologo): «Per un futuro migliore, meno precariato e più formazione»

«Troppi aspiranti neurologi restano bloccati dall’“imbuto formativo”. I neo-specializzati, invece, devono fare i conti con il lavoro precario». Parla Nicola Pietrafusa, coordinatore dei giovani Sin

di Isabella Faggiano

A fuggire dall’Italia per cercare nuove esperienze all’estero sono, in buona parte, anche i neurologi. Sì perché non sono solo i medici di medicina generale a fare i bagagli e trasferirsi all’estero, ma anche medici specializzati che dopo anni di formazione decidono di lasciarsi alle spalle il Paese di origine e tentare nuove strade. A raccontarlo a Sanità Informazione è Nicola Pietrafusa che, da giovane neurologo, ha assunto l’incarico di coordinare la sezione juniores della Società Italiana di Neurologia.

«È innegabile – ha raccontato Nicola Pietrafusa – che una certa percentuale di giovani colleghi cerchi di superare queste complicazioni di accesso al mondo del lavoro andando all’estero. Si tratta soprattutto di coloro che desiderano entrare nel mondo universitario. Mondo per il quale – ha proseguito – la situazione italiana è ancora più complessa. Per lavorare nella ricerca bisogna affrontare tutta un’altra storia».

Ma le difficoltà, per chi sceglie una branca della medicina tanto intrigante quanto complessa come quella della neurologia, cominciano ben prima di entrare nel mondo del lavoro, ha raccontato il coordinatore dei giovani Sin. «C’è una barriera da oltrepassare anche per accedere alla scuola di specializzazione: il numero dei posti a disposizione non è congruo con il numero delle richieste: anche per la neurologia, infatti, esiste il cosiddetto “imbuto formativo” che blocca i giovani medici per anni prima di poter accedere alla specializzazione».

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Difficoltà lavorative che incentivano la fuga dei cervelli, che spingono molti neo-specializzati a cercare una scorciatoia altrove. «La difficoltà – ha continuato il coordinatore degli juniores – è anche successiva, al termine della formazione, nel momento in cui i neospecialisti si affacciano al mondo del lavoro».

All’argomento, la sezione giovani della Sin, ha dedicato un’intera ricerca: «Da un nostro sondaggio nazionale – ha detto il coordinatore –  è emerso che entrare nel mondo del lavoro non è assolutamente semplice. Sono molti i colleghi costretti a barcamenarsi tra un’attività più o meno a breve termine e un’altra, nell’attesa di trovare un posto come specialisti, soprattutto negli ospedali italiani».

La durata di questo periodo di precariato non è uguale per tutti, ci sono  numerosi variabili, prima fra tutte quella territoriale e la disponibilità ad accettare un lavoro molto lontano da casa. «Secondo una mia stima – ha aggiunto Pietrafusa – questo periodo dura dai due ai tre anni. Dopo, i giovani neurologi riescono ad inserirsi in un’attività ambulatoriale o ospedaliera specialistica, quella per la quale si sono formati».

Dalla sua esperienza di giovane neurologo – di chi queste difficoltà di inserimento prima formative, poi professionali, le ha vissute in prima persona – Nicola Pietrafusa ritiene che sia «necessario aumentare il numero dei posti per le scuole di specialità». Meno fiducioso sulla possibilità di un cambiamento nel mondo del lavoro: «Non è modificabile – ha sottolineato – è una realtà più complessa e come tale più problematica da commentare».

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