Salute 21 Marzo 2017 12:27

Ticket sanitari: è nell’aria una rivoluzione. Walter Ricciardi (ISS): «Misura regressiva che rema contro la prevenzione»

«Riconvocherò le Regioni per rivedere i ticket» lo ha detto il Ministro Lorenzin. Il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità si scaglia contro le tasse regionali: «I ticket non possono servire a fare cassa, è ora di abolirli»

Ticket sanitari: è nell’aria una rivoluzione. Walter Ricciardi (ISS): «Misura regressiva che rema contro la prevenzione»

Era il 1982 quando vennero introdotti i ticket sanitari nel Sistema italiano. Una tassa pagata dal cittadino in cambio di prestazioni sanitarie. «Convocherò nuovamente le Regioni per discutere dei ticket» ha dichiarato il Ministro della Salute Lorenzin, pochi giorni fa durante una trasmissione televisiva. A fare eco al Ministro il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Walter Ricciardi: «I ticket sono da sempre nell’evidenza scientifica una misura regressiva – ha spiegato Ricciardi in occasione della Presentazione del nuovo progetto dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane -. Sostanzialmente ritengo che in un servizio Sanitario Nazionale non dovrebbero esistere, perché il Sistema è finanziato dalle tasse, i cittadini pagano le tasse e queste dovrebbero essere utilizzate al meglio per poter accedere ai servizi». Così il Presidente che si scaglia duramente contro il sistema dei ticket che, a suo dire, dovrebbe essere rivoluzionato al più presto.

«I ticket sono stati introdotti tradizionalmente nei modelli assicurativo-sociali, cioè quelli basati sull’assicurazione, per scoraggiare i cittadini ad un uso eccessivo ed improprio delle prestazioni» specifica Ricciardi entrando nel merito della situazione degli altri Paesi. «In Francia il ticket si chiama ‘ticket moderatore’, infatti non essendo a disposizione il medico di medicina generale, un cittadino può andare dove vuole».

Il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità spiega che se il finanziamento attraverso le tasse è adeguato, i ticket «devono essere aboliti. Sono queste tasse che scoraggiano le persone meno abbienti a richiedere le prestazioni essenziali. Infatti se il ticket ha una certa entità, io non faccio la mammografia, non vaccino i miei figli e allo stesso tempo non faccio più la prestazione preventiva diagnostica o terapeutica. Cosa significa questo? Non voglio sottovalutare l’importanza dei finanziamenti ma i ticket non possono servire a fare cassa. Quello che serve è un’adeguata organizzazione, le prestazioni più efficaci e adeguate sono quelle che devono essere erogate senza ticket, mentre invece le prestazioni che sono inappropriate o inefficaci non devono essere erogate dal Sistema Sanitario Nazionale».

Il sistema dei ticket è fortemente diversificato di Regione in Regione. Questa difformità, già conosciuta, è ulteriormente saltata agli occhi in seguito all’inchiesta avviata dall’Agenzia nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas), fatta di recente, da cui emerge la grande difformità tra Nord e Sud sui soldi incassati per i ticket. In questa fotografia appare evidente che i veneti pagano più di tutti in Italia. In media un contribuente residente in Veneto spende 36,2 euro all’anno, contro gli 8,7 euro pagati in media da un siciliano. La media italiana invece è di 23 euro pro capite.

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