Covid-19, che fare se...? 21 Settembre 2018 16:20

Salute riproduttiva, Studio nazionale: solo 5% adulti sa che dopo 30 anni donne hanno meno possibilità di avere figli

Il 94% degli adolescenti ritiene che debba essere la scuola a garantire l’informazione sui temi della sessualità e riproduzione. Tra gli adulti, solo il 5% è consapevole che le possibilità biologiche per una donna di avere figli iniziano a ridursi già dopo i 30 anni. Sono alcuni dei dati che emergono dallo Studio nazionale fertilità […]

Il 94% degli adolescenti ritiene che debba essere la scuola a garantire l’informazione sui temi della sessualità e riproduzione. Tra gli adulti, solo il 5% è consapevole che le possibilità biologiche per una donna di avere figli iniziano a ridursi già dopo i 30 anni. Sono alcuni dei dati che emergono dallo Studio nazionale fertilità promosso dal Ministero della Salute. I dati sono stati forniti in occasione della 3° Giornata nazionale di informazione e formazione sulla salute riproduttiva, che si celebra il 22 settembre.

Il coordinamento dello studio è stato affidato all’Istituto Superiore di Sanità e hanno partecipato come unità operative: “Sapienza” Università di Roma, Ospedale Evangelico Internazionale di Genova, Università degli studi di Bologna. Il progetto è iniziato ad aprile 2016 e terminerà il 30 settembre 2018.

Sono state realizzate indagini rivolte sia alla popolazione potenzialmente fertile (adolescenti, studenti universitari e adulti in età fertile), sia ai professionisti sanitari (pediatri di libera scelta, medici di medicina generale, ginecologi, andrologi, endocrinologi, urologi, ostetriche).

Indagine adolescenti

Questa indagine è stata condotta, in ambito scolastico, con il supporto delle Regioni e dei professionisti del SSN, su un campione, statisticamente rappresentativo, di 16.063 studenti prevalentemente di 16-17 anni. Ha coinvolto 941 classi terze di 482 scuole secondarie di secondo grado, distribuite su tutto il territorio nazionale. E’ stata registrata un’elevata rispondenza da parte dei ragazzi (80%).

Dalle risposte emerge un’errata percezione (sovrastima) da parte dei ragazzi e delle ragazze relativamente all’adeguatezza delle informazioni in loro possesso sulle tematiche della salute sessuale e riproduttiva che nella maggior parte dei casi (89% i maschi e 84% le femmine) cercano su internet.

Si rilevano spazi di miglioramento nella conoscenza dei seguenti aspetti: fattori di rischio/protettivi per la riproduzione (età e stili di vita); alcune infezioni a trasmissione sessuale (IST) quali epatite virale, sifilide, gonorrea, papilloma virus e clamidia; metodi contraccettivi in grado di proteggere dalle IST

Rimangono poco conosciuti i consultori (situazione invariata rispetto a quanto rilevato dall’indagine ISS 2010). Anche il contatto con i medici specialisti è limitato

Circa 1 adolescente su 3 ha dichiarato di aver avuto rapporti sessuali completi (35% dei maschi e 28% delle femmine)

I metodi contraccettivi più conosciuti sono il preservativo (99%) e la pillola (96%)

Per quanto riguarda l’utilizzo dei metodi contraccettivi, rispetto a un’indagine fatta dall’ISS nel 2010, rimane stabile la percentuale di chi non usa alcun metodo (10%), mentre aumenta l’utilizzo del preservativo (77%) ma anche quello del coito interrotto (26%) e del calcolo dei giorni fertili (11%)

La famiglia è un luogo in cui difficilmente si affrontano argomenti quali “sviluppo sessuale e fisiologia della riproduzione”, “infezioni/malattie sessualmente trasmissibili” e “metodi contraccettivi” (solo il 10% parla in famiglia di questi argomenti in maniera approfondita)

Il 94% dei ragazzi ritiene che debba essere la scuola a garantire l’informazione sui temi della sessualità e riproduzione (ben il 60% di loro ritiene che questo dovrebbe iniziare dalla scuola secondaria di primo grado o anche prima, dato che conferma quanto già emerso nell’indagine ISS del 2010); tuttavia solo il 22% degli adolescenti vorrebbe ricevere queste informazioni dai propri docenti, mentre il 62% vorrebbe personale esperto esterno alla scuola

Emerge un gradiente Nord-Sud su alcuni aspetti indagati, soprattutto in relazione alle conoscenze. D’altra parte, la partecipazione a corsi/incontri sul tema della sessualità/riproduzione al Sud è pari al 33%, decisamente inferiore a quella nel Nord del Paese pari al 78% (aumenta il divario Nord-Sud rispetto al 2010)

Solo il 7% degli adolescenti pensa di non avere figli nel suo futuro, mentre quasi l’80% di loro indica come età giusta per diventare genitore prima dei 30 anni.

Indagine studenti universitari

Questa indagine è stata condotta su un campione di 13.973 studenti universitari dei 18 atenei coinvolti, attraverso adesione volontaria all’iniziativa pubblicata sul sito dell’ateneo, riscontrando una limitata adesione pari a un 5% di rispondenza. Il campione degli studenti che hanno partecipato registra un’età media di 22 anni ed è composto per il 70% di donne.

I dati emersi in merito al consumo di alcolici e di tabacco hanno mostrato un quadro in linea con quanto già rilevato da altri studi: 1 su 4 degli intervistati ha dichiarato di fumare, 2 su 3 consumano alcolici nel corso della settimana e più dell’80% è consapevole che questi comportamenti influenzano la fertilità, sia maschile che femminile.

Sebbene molti dei partecipanti abbiano riferito di sentirsi adeguatamente informati in merito a tematiche di salute sessuale e riproduttiva, l’analisi dei questionari ha portato a concludere che si tratti frequentemente di una sovrastima da parte degli interessati della loro conoscenza, o talvolta, l’informazione che hanno è addirittura non corretta (come per gli adolescenti). La discrepanza fra le reali conoscenze e quelle percepite è stata osservata in quasi tutti gli ambiti del questionario

Più dell’80% dei rispondenti ha dichiarato di aver già avuto rapporti sessuali completi, con un’età media al primo rapporto tra i 17 e i 18 anni, sia per i maschi che per le femmine

Per quanto riguarda i comportamenti nell’ambito della sessualità, un’elevata percentuale di rispondenti (95%) ha dichiarato di usare metodi contraccettivi nei rapporti abituali: il preservativo (71%), la pillola e altri metodi ormonali (46%), coito interrotto (24%); tuttavia il 22% dichiara di aver avuto rapporti occasionali non protetti.

L’età giusta per diventare genitori viene percepita tra i 26 e i 30 anni, ma sui tempi della fertilità maschile e femminile non c’è una corretta conoscenza, considerando tempi più lunghi rispetto a quelli biologici.

La scuola ed incontri educativo-informativi sono percepiti come il miglior canale di diffusione ed informazione per tali tematiche, anche se il 90% hanno riferito di essersi informati autonomamente.

Per quanto riguarda il contatto con i medici specialisti, mentre quasi il 75% delle studentesse ha fatto una visita ginecologica, solo 1 ragazzo su 4 è stato dall’andrologo; per quanto riguarda il consultorio familiare si sono rivolte a questo servizio il 34% delle studentesse intervistate, mentre è stato utilizzato solo dal 13% dei maschi.

Indagine adulti (Passi)

Questa indagine è stata condotta su un campione di 21.217 persone di età 18-49 anni, rappresentativo della popolazione residente in Italia, nell’ambito delle interviste telefoniche del sistema di sorveglianza PASSI coordinato dall’ISS, con il supporto delle Regioni e dei professionisti del SSN della rete PASSI, riscontrando una rispondenza dell’86%.

Le risposte mostrano che non c’è piena consapevolezza del ruolo giocato dall’età nella fertilità biologica femminile e ancor più nella capacità riproduttiva maschile. Infatti solo il 5% del campione è consapevole che le possibilità biologiche per una donna di avere figli iniziano a ridursi già dopo i 30 anni; una buona parte, 27%, pensa che questo accada intorno ai 40-44 anni.

La consapevolezza che l’età giochi un ruolo importante anche per la fertilità biologica maschile sembra persino minore di quanto è emerso circa la fertilità femminile: nove persone su dieci (87%) forniscono una risposta assolutamente inadeguata (oltre i 45 anni) o non sanno dare alcuna indicazione.

Per quanto riguarda la propensione alla procreazione, più della metà dei rispondenti (55%) dichiara di non essere intenzionato ad avere figli; anche considerando solo coloro che non hanno figli (né propri, naturali o adottivi, né del partner) questa quota, seppur più contenuta, non è trascurabile: quasi 1/3 delle persone senza figli (31%) dichiara di non volerne neppure in futuro.

Le motivazioni per rinunciare o rinviare la nascita di un figlio, escludendo dalla stima le persone senza un partner o che riferiscono problemi di fertilità, sono legate principalmente a fattori economici e lavorativi e all’assenza di sostegno alle famiglie con figli (41%), seguiti da quelli collegati alla vita di coppia (26%) o alla sfera personale (19%); infine ci sono problemi di salute (17%) o legati alla gestione della famiglia (12%).

Indagini professionisti: pediatri di libera scelta e medici di medicina generale

Queste indagini sono state condotte con invito via email ai soci della Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) e della Federazione Italiana Medici di Famiglia (FMMG) e hanno riscontrato una limitata adesione: 706 pediatri (PLS), con tasso di rispondenza di 14,1%, e 759 Medici di Medicina Generale (MMG), pari a un 15,2% di rispondenza.

In generale si rileva un buon livello di conoscenza in ambito di salute riproduttiva tra i professionisti di base, tuttavia si evidenziano bisogni formativi su alcune aree e sulla relativa comunicazione agli assistiti. In particolare:

  • per i PLS: l’importanza di alcune vaccinazioni anche al fine di preservare la capacità procreativa; l’importanza dell’obesità e dell’eccessiva magrezza sulla fertilità; informazioni fornite agli adolescenti sui rischi delle infezioni/malattie sessualmente trasmissibili e sulla non efficacia dei contraccettivi orali per la protezione dalle infezioni sessualmente trasmissibili
  • per i MMG i bisogni formativi risultano principalmente su: prescrizione di acido folico a tutte le pazienti che manifestano desiderio di gravidanza; non raccolta, nell’anamnesi dell’età della menopausa della madre della paziente; informazioni ai giovani assistiti o ai loro genitori sulla vaccinazione per il virus HPV; percorsi per salvaguardare la fertilità di giovani assistite che devono sottoporsi a chemioterapia.
  • ulteriore criticità emersa nei due gruppi di professionisti è la percentuale di medici che ha partecipato ad eventi di aggiornamenti di salute riproduttiva: solo l’8% dei PLS ed il 20% dei MMG. La necessità di maggiori informazioni ed eventi formativi in materia di tutela della fertilità e di salute riproduttiva è stata chiaramente manifestata dai professionisti che hanno collaborato allo studio.

Indagini professionisti della salute riproduttiva: ginecologi, endocrinologi, andrologi, urologi, e personale ostetrico

Queste indagini sono state condotte con invito via email ai soci delle principali Società scientifiche e Federazioni di categoria, in ambito di salute riproduttiva, e hanno riscontrato una limitata adesione da parte dei professionisti. Hanno risposto al questionario: 376 ginecologi (11%), 113 endocrinologi (10%), 238 andrologi/urologi (23%) e 1.171 personale ostetrico (11%).

Per quanto riguarda le conoscenze e la pratica clinica, in generale, i professionisti hanno buone conoscenze (3 professionisti su 4 hanno risposto correttamente alle domande nella maggioranza dei casi)

Dalle risposte fornite tuttavia appaiono evidenti alcune aree su cui sarà necessario concentrare l’attività formativa:

  • anche in questo caso non è chiaro per tutti che l’età, anche quella maschile, è una componente fondamentale della capacità riproduttiva e che bisogna insistere su questo tema con i/le pazienti/coppie, quando c’è il tempo per intervenire;
  • è ancora non soddisfacente l’informazione erogata da parte degli operatori sui rischi delle patologie sessualmente trasmissibili, in particolare non se ne parla a sufficienza ai soggetti più esposti;
  • ancora non tutti hanno chiara la necessità di effettuare la profilassi preconcezionale con acido folico e la tempistica con cui eseguirla;
  • ancora si prescrivono ai maschi infertili terapie non del tutto appropriate in condizioni in cui le linee guida danno invece indicazioni chiare;
  • anche nel campo della fertilità femminile persistono ancora, seppure minoritarie, pratiche chirurgiche non più appropriate;
  • è generalizzato un infondato ottimismo sulle possibilità delle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) di risolvere sempre i casi di infertilità. Persiste, inoltre, la tendenza a consigliare la PMA a pazienti in cui è evidentemente inutile, generando aspettative che procureranno frustrazione alle coppie.
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